Mutazioni: dall’Homo sapiens al Nativo digitale

mutazione[di Cinzia Robbiano, da OcchiMenteCuore]
Pensi non stia bene. Ripensi alla mononucleosi e lo costringi a massicce dosi di vitamine. Ma non basta. Non basta a fargli riconquistare la posizioni eretta. Si rilassa, dice lui. Allora pensi che tu dovresti essere morta perchè ti sei portata la spesa su, su fino in cima, al terzo piano, senza ascensore. Anche il cestello dell’acqua. E il PC ad aggiustare. Prima giù e poi su e anche attraversando la piazza. Ed eri la sola donna al car wash a lottare con la pressione della pistola per rimuovere il fango dall’auto che lui ha usato.  In particolari momenti di vivacità è connesso. A cosa? A tutto: pctelefonoipod.  Se lo leggi tutto insieme ti viene in mente ETtelefonocasa. Ma lui non comunica con te, con casa. Se lo chiami al cellulare non risponde. Non vuole la tua amicizia su facebook perché sennò lo spii (intanto tutto il mondo sa cosa fa, dove va e con chi, cosa pensa).

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Hai anche pensato che sia per colpa tua, del tuo continuo andare  e venire, fare e disfare, parlare e parlare, provare e riprovare, insomma di averlo stancato. Ne parli con qualche amica o collega che ha figli della stessa età. E scopri che non è solo il tuo. Sono tutti così! Ma allora non è un difetto, un’innata pigrizia, il mutismo adolescenziale. Stiamo assistendo ad una mutazione. E’ iniziato il processo inverso, senza essere passati dalle fasi intermedie. Dall’Homo sapiens all’homo habilis, così definito perché era in grado di padroneggiare gli utensili di pietra (come i nostri figli padroneggiano la tecnologia) ma in realtà ancora molto simile all’Australopiteco, che infatti non aveva sviluppato alcuna forma di linguaggio.

Tutto ciò comporta naturalmente un’evoluzione anche in noi. Soprattutto madri. Diventate, scopro, madri “elicottero” costrette, nostro malgrado, a continuare a vigilare. A distanza però. E anche “acrobate”, quando la figura paterna, come spesso accade lasciatemelo dire, risulta assente. Elicotteri e acrobati ogni tanto cadono. Troveranno la forza gli “sdraiati” per raccoglierne i pezzi? E i “nativi digitali” le parole per consolarci?

Chissà, chissà chi sei chissà che sarai
chissà che sarà di noi
lo scopriremo solo vivendo.

Il problema è: sino a quando?

(per articolo originale http://eyesmindandhearthaboveall.wordpress.com/2013/11/13/mutazioni/ )

4 Risponde a Mutazioni: dall’Homo sapiens al Nativo digitale

  1. robert fogelberg 14 gennaio 2014 a 17:43

    bellissimo articolo e purtioppo anche basatnza vero

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  2. Cinzia Robbiano 16 dicembre 2013 a 19:02

    Come madre assisto un pò spiazzata a comportamenti che non condivido. Spesso vado in ansia, mi dico poi, per cose di poco conto, in fondo. Sui principi siamo saldi per fortuna. E quando tutto sembra perduto con un colpo di reni mi dimstra che mi stavo sbagliando. Intanto ho perso qualche chilo e ho una ruga in più. Il mondo è stato rivoltato da quando ero io bambina, nata nel 1959. Ci dobbiamo riprogrammare e lasciar fare, temo. I migliori sopravviveranno, speriamo tutte i nostri figli siano tra quelli.

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  3. Tiziana Salvetti 26 novembre 2013 a 13:15

    Comprendo l’ansia che ti prende così come la ha espressa Cinzia, ma condivido le riflessioni di Mariapaola. i bisogni delle persone sono sempre gli stessi e quanto mai degli adolescenti: bisogno di essere riconosciuti, di sentirsi parte (accogliere le mode), di essere ascoltati, di comprendersi e di costruire intimità nei rapporti con gli altri. quella che cambia per ogni generazione è la modalità con cui si cerca di soddisfarli, e le mode a cui si cerca spasmodicamente di aderire (mio figlio di 7 anni desidera già un telefono, a quello di 12 lo abbiamo già comprato per placare la sua ansia di omologazione che a questa età è fortissima e contrastarla in maniera inderogabile, perché il vero valore è l’unicità e l’autonomia di pensiero, ci è sembrato controproducente).
    La ricerca della propria identità negli adolescenti è centrale e si tende a cercarla attraverso gli altri, forse proprio perché non si ha chiara la propria “posizione”. Chissa poi se ogni adulto è riuscita veramente a trovarla! Ogni epoca ed ogni moda porta naturalmente con se esasperazioni e grandi inganni, sia quelli indotti dall’economia di mercato, che quelli di natura ideologica. Non credo che i nostri adolescenti siano peggiori o più in pericolo di quelli che li hanno preceduti. E allora cosa devono fare gli adulti? L’unica cosa che penso possa valere è quella di sforzarsi ancora e ancora di mettersi in gioco al cospetto dei nostri figli. e proporgli di fare proprio un profondo spirito critico. Per farlo bisogna dare l’esempio. E questa è la cosa più difficile. Anche manifestare il proprio disagio, il non saper che pesci pigliare (nelle dovute misure) potrebbe proporre un genitore che non sia un totem impossibile da scalare.

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  4. Mariapaola Bianchini 21 novembre 2013 a 14:04

    Articolo interessante, a ridosso della giornata per i diritti dell’infanzia. Ho letto incuriosita dalla sfida del titolo e ahimè è tutto vero, la fotografia della generazione facebookiana.
    Chi lavora a stretto contatto con adolescenti e bambini puo’ amaramente prendere atto di questa nuova realtà: sono stati bruciati i tempi della scoperta, annullati gli spazi di intimità, di solitudine e riflessione personale, enfatizzate le mode, l’aggressività. Si respira disagio generazionale.

    Ci sono cose che non vanno ecco, ma la generalizzazione non puo’ e non deve in nessun modo essere fatta. Prendere atto dei cambiamenti deve servire a tendere una mano piuttosto che limitarsi ad osservare la regressione in atto.
    Occorrerebbe, secondo me, calarsi dentro questa nuova realtà mente e pancia e sintonizzarsi realmente su cosa sta accadendo: negli adolescenti facebookiani sono cambiati i linguaggi e i confini ma i contenuti sono gli stessi: bisogno di essere riconosciuti, bisogno di essere ascoltati, bisogno di capire se’ e gli altri, sperimentarsi con la fiducia piuttosto che con il dito puntato contro, scoprire che a dispetto della crisi economica, morale e sociale, esistono ancora valori guida che in qualche modo vogliono far propri anche se al momento sono ben nascosti dalle trappole dei nuovi consumi.
    Abbiamo il dovere etico di riflettere e cambiare noi per primi il punto di vista: c’è un carico enorme di energia che non trova dove e come incanalarsi e la nostra funzione di adulti sta appunto nell’indicare, quanto più silenziosamente possibile, nuovi percorsi.

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