Amore che non è

violenza-donne_470x305[di Michelangelo Viscione] L’evoluzione ha selezionato per l’uomo, essere sociale per eccellenza, un meccanismo connesso alla riproduzione e cura della prole che è stato ed è fondamentale per il successo della specie, e cioè l’innamoramento, ovvero l’attrazione tra due individui in genere di sesso differente (ma non sempre), atta a creare una relazione duratura che attraverso l’intesa sessuale e la vita in comune, permetta la nascita, crescita e maturazione della prole, o in mancanza di questa, consenta la conduzione di un’esistenza condivisa, in un rapporto di reciproca “dipendenza”, stima, aiuto, assistenza e conforto.

Questa condizione amorosa è stata considerata, come tutte  le cose che non si capiscono,  un mistero e, complici frotte di poeti, scrittori e cantori, come una malattia (per Shakespeare una febbre), o un vero e proprio stato di pazzia.

Persino la filosofia ha contribuito a questa associazione. Platone nel suo Fedro, nel discorso a capo coperto, fa dire a Socrate che l’amore e’ pazzia o meglio “divina mania” che “mette le ali” all’uomo e lo eleva verso il mondo delle idee.

La cosa si riflette anche nel linguaggio comune basti pensare alla locuzione  “pazzo d’amore”.

Questo accostamento di amore e pazzia è stato estremamente deleterio, a mio avviso, nel determinare un grave malinteso insito nella comune accezione  di questo sentimento. Infatti  ha contribuito ad accettare questa presunta follia come  fatto naturale, indissolubilmente legato al sentire amoroso,  inevitabile stato positivo di esaltazione  che nobilita chi ne è pervaso.

Le neuroscienze stanno sempre più definendo centri nervosi e relativi neurotrasmettitori coinvolti in questo stato del nostro cervello, mentre non e’ interessato il cuore se non per qualche palpito indotto. Questi studi hanno evidenziato come l’amore sia associato ad uno stato di dipendenza, tipo quello che attraverso il circuito della ricompensa interviene nell’abuso di sostanze tossiche come l’eroina o la nicotina. Infatti si verificano  dipendenza, tolleranza, astinenza e ricaduta. Questo ha favorito il malinteso dell’amore come stato patologico.

In realta’ si tratta di meccanismi fisiologici che possono però sfociare nella patologia allorché si innestano su un substrato genetico-ambientale di psicosi o di patologia dell’empatia, portando a quei delitti, sempre più frequenti, scatenati dal rifiuto violento dell’abbandono del partner.

Sotto un ponte, in quel di Benevento, è scritto su un muro “ Se è vero amore si perdona anche un momento di follia”.

Nulla di più falso per questa frase  che cela un substrato psicotico.

L’equivoco nasce dal considerare la persona amata come un oggetto da possedere, una parte di se sulla quale ci si arroga ogni diritto, di vita e di morte persino.

Amare viene confuso con possedere. In una società volta perennemente alla competizione per l’accumulo anche l’amore, sentimento altruistico per antonomasia, viene contaminato dall’egoismo.

Amare invece è saper rinunciare. E’ disinteresse e rispetto per chi si ama. E’ desiderare la felicità altrui. E’ identificare la felicita’ propria con quella della persona amata.

 Il vero amante è quello che è felice quando si realizza la felicità dell’altro, anche se questo significa restare solo, altrimenti è sentimento egoistico che imponendo la propria volontà, incatena e soffoca, come un bambino che volendo trattenere il suo uccellino lo stringe troppo e  lo perde.

Amare è lasciare libero ciò che si ama proprio perché si ama, anche se, non ricambiati, questo vuol dire vederlo nelle braccia di un altro/a. Si ama per ciò che si è disposti a sacrificare e non per ciò che non si è disposti a perdere (Salomone docet).

Il cinema, la televisione, la letteratura e la poesia, dovrebbero correggere la rotta e mostrare l’amore come sentimento che eleva e non degrada allo stato ferale, educando allo stesso tempo al suo riconoscimento. Questo contribuirà a mettere in guardia specie il gentil sesso dal discernere il vero amore da quello patologico, evitando i rozzi e violenti, che con la pretesa del “tu sei tutto per me” si permettono di sottomettere, soggiogare ed usare violenza, cosa che riguarda soprattutto donne intrise di malinteso “romanticismo” ed ubriache di romanzi d’appendice (leggi Madame Bovary ), o di trasmissioni o fictions TV estremamente deleteri.

In definitiva  ama col cervello nelle sue parti più istintuali (il cosiddetto “cuore”) ma sempre sotto il governo della ragione (corteccia frontale).

2 Risponde a Amore che non è

  1. Tulllia 17 febbraio 2015 a 11:11

    Bravo Michelangelo.
    L’amore senza attaccamento, che meraviglia… E quant’è difficile, complicato, per il nostro cervello egoista, che tutto vuole controllare…
    C’è una frase che voglio riportare qui sotto, che tengo sempre con me, visto che non amo i soffocamenti amorosi (purchè le distanze non diventino l’alibi per il disimpegno).
    Eccola.
    “Ergetevi insieme
    ma non troppo vicini:
    poi che il tempio ha colonne distanti
    e la quercia e il cipresso non crescono
    l’una all’ombra dell’altro”.
    Gibran

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  2. brunella 16 febbraio 2015 a 9:00

    condivido pienamente. Il fatto è che quando meno ce l’aspettiamo ci ritroviamo dipendenti da qualcuno che ci ha fatto le coccole quando ne avevamo bisogno. l’importante è riuscire a tirarsene fuori.

    Rispondi

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