Esercizi spirituali per navigatori di Facebook

Esercitarsi alla felicità tramite il linguaggio di comunità.

"La Sfida" regatta between sister ships Eilean and Latifa.Ph: Guido Cantini/Panerai/Sea&See.com[di Alessio Masone] Si naviga a vista sui social. Invece, per orientarci, se vogliamo che non sia solo un superfluo gesto narcisistico, ogni nostra comunicazione dovrebbe essere canalizzata in un percorso comunitario, come un “gruppo Facebook”, che si sviluppa intorno a un tema, una visione, un progetto. Qui, siamo costretti a verificare se quello che scriviamo sia inclusivo delle esigenze degli altri membri del gruppo (che spesso non conosciamo) e se sia coerente con il progetto del gruppo. Questo alleggerisce le quantità di notizie da far leggere ai nostri contatti e ci esercita a un linguaggio inclusivo, identitario, comunitario, in quanto considera anche gli altri come potenziali coautori dei nostri post.

Questo continuo verificare consente una funzione terapeutica della comunicazione, una sorta di esercizio spirituale che alimenta nell’individuo una centratura e un’attitudine al bene comune. Nei gruppi fb diventa centrale il percorso che ci accomuna agli altri membri: ognuno di noi si esercita a percepirsi parte inclusa del tutto, non più il centro di tutto che esclude il resto.

Nei gruppi fb diventa centrale il percorso che ci accomuna agli altri membri: ognuno di noi si esercita a percepirsi parte inclusa del tutto, non più il centro di tutto che esclude il resto.

Normalmente, in Facebook, ognuno, tramite la propria bacheca personale con cui si affaccia sul mondo, si esercita all’egocentrismo: il web, accolto come luogo di democrazia dell’informazione, qui diventa deriva per estremizzare l’individualismo e l’affermazione del sé. Anche per questo assistiamo al crollo della coesione territoriale e alla riduzione di felicità diffusa di cui godevano le popolazioni quando erano meno tecnologiche.

L’enorme diffusione del social network origina dal consentire alle persone di percepirsi società civile, ma senza mettersi in discussione, senza frequentare faticosamente il mondo associazionistico e culturale: ognuno è presidente della propria associazione (la propria bacheca fb) e i suoi associati sono rappresentati dai contatti, dagli amici. Il linguaggio familistico della comitiva, della cerchia di amici si sostituisce alla già scarsa dimensione progettuale e superindividuale della relazione sociale.

E’ grave che questo metodo pervada tutti: ne sono vittime i tifosi di calcio e le ragazzine fan di cantanti, ma anche gli intellettuali e il mondo del volontariato. L’individuo della bacheca fb, invece di considerare gli altri utenti per quello che fanno per il mondo, li stima per quello che da loro ricevono (i “mi piace”, gli auguri), per il rapporto di seduzione, di amicizia: in pratica, si configura un linguaggio protomafioso, humus quotidiano per la corruzione nel mondo politico e per la criminalità nei luoghi del disagio.

Ogni frase o link inserito sulla propria bacheca, in termini di stile di azione culturale, nonostante la qualità dei contenuti, a prescindere dagli encomiabili obiettivi, non porta cambiamento nel mondo, ma solo altra credibilità e denaro a una multinazionale quotata in borsa che specula sul nostro bisogno di comunicare. Al contrario, ogni gesto, anche il più narcisistico, se inserito in un “gruppo fb”, rafforza il progetto comune che ne è alla base: questo gesto di comunità, già nel metodo, nel linguaggio esperienziale, porta cambiamento nel mondo.

Una risposta a Esercizi spirituali per navigatori di Facebook

  1. Michelangelo Viscione 27 febbraio 2015 a 12:59

    Non amo Facebook e percio’ non lo frequento, ma la tua filippica (come e’ nel tuo stile) se e’ condivisibile nello spirito generale (arricchisce infatti la multinazionale), mi sembra piuttosto esasperata nei toni.
    Parole come “percorso canalizzato” e “verifica ” che i contenuti siano “inclusivi delle esigenze” possono essere fraintesi e sfociare in limitazione della liberta’ di espressione e censura rispettivamente.
    Inoltre bisogna distinguere il bisogno di comunicare da quello di apparire (egocentrismo). Non tutti quelli che sono su Fb sono spinti dal bisogno di mettersi in mostra.
    Siamo tutti in qualche misura “egocentrici” se si intende il bisogno di esserci e di non essere trasparente per il mondo.
    Sulla pagina culturale di Repubblica di oggi e’ recensito il libro di Pierre Zaoui “L’arte di scomparire. Vivere con discrezione”, ma non vorrei che si intenda l’arte del saper ascoltare con lo stare sempre zitto ed essere indifferente a tutto.
    Preferisco la logorrea anche se prevaricante e monocorde all’indifferenza.
    Anche il bisogno di amicizia, sia pure solo mediatica ed il piu’ delle volte formale, non vuol dire necessariamente interessata ed addirittura “protomafiosa”. Puo’ essere espressione di disagio sociale e di carenza affettiva.
    Bisogna considerare le cose sempre da piu’ punti di vista ed allargare il proprio orizzonte altrimenti si e’ prigionieri di cio’ che si afferma.

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