PoeCivismo

Art’Empori per il PoeCivismo
di Alessio Masone – 20 settembre 2010
Piazza-San-Carlo-webNel secolo del cambiamento dal basso, è fondamentale agevolare nella popolazione un’attitudine ad esperire in prima persona le attività sociali. Ma, se realmente si vuole diffondere la propensione a una cittadinanza attiva e a un consumo responsabile, bisogna incidere sui processi culturali e artistici con cui ci si interfaccia, ogni giorno, e che condizionano il sentire emozionale comune.

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Per questo motivo, è strategico l’intento di importare nella pratica culturale e artistica, i paradigmi che, tipici dell’economia solidale, della giustizia sociale e dell’ambientalismo, favoriscono le attività di relazionalità corta, le identità territoriali e la coesione sociale.
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Ogni ribellione a una società permeata dalla competizione e dal verticismo diventa retorica, se poi viviamo un mondo dell’arte che è incline al verticismo e all’esclusione. La cultura materiale ci sta dimostrando che non è da perseguire il cibo che eccelle sugli altri, ma quel cibo che diventa opportunità di identità territoriale, di relazionalità corta, di condivisione emozionale, di sviluppo locale: il mondo rurale e quello della filiera corta ci stanno insegnando come emanciparsi dall’approccio verticistico e omologante per, poi, orientarsi a un agire capace, se svolto in prima persona, di biodiversità e di bene comune.
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Questa consapevolezza deve contaminare anche la cultura intellettuale. Può apparire impensabile, ma, se vogliamo il cambiamento, anche l’intellettuale deve fare le sue rinunce. Non possiamo più approcciarci all’opera d’arte in funzione della sola sua eccellenza, ma dobbiamo rivolgerci ad essa esperienzialmente, a prescindere da un suo eventuale successo decretato da altri, semmai dall’alto.
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Nel nuovo paradigma, non conta l’emozione che l’artista scatena, se questa non è capace di bene comune. Vagliando l’opera d’arte nella sua capacità di azione, di bene comune, il fruitore agisce, esperisce in prima persona, soggettivando quell’opera e, quindi, anche il mondo, diventandone coautore: in questo processo, non sta fruendo, semplicemente, di un’emozione di rimando, ma sta producendo emozione primaria, originaria, quella che provoca un cambiamento, personale e del mondo. Grazie a un responsabile approccio con le emozioni, è possibile esercitarsi a un mondo vagliato in prima persona e a una cittadinanza non delegata.
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Questo è il cambiamento dal basso: il popolo che si mette in discussione, nelle sue abitudini quotidiane, nelle sue emozioni. Di conseguenza, non solo gli artisti, gli intellettuali, gli amministratori pubblici, ma anche i criminali, gli arrivisti, i corrotti, in quanto tutti parte dello stesso popolo, condividendo le stesse emozioni quotidiane, si adegueranno al nuovo sentire comune.

Tutto questo è possibile perché il mondo, più che nelle grandi riforme “svolte da altri”, si evolve nelle “sue” emozioni quotidiane.

(immagini di tullia bartolini)