André Gorz, Ecologica, Edizioni Jaca Book

Posto – sulle due liste (Art’Empori e BeneventoEco) un lungo passo tratto dall’ultimo libro di André Gorz (Ecologica, Jaca Book). E’ un’integrazione a quanto scritto da Alessio, ma anche l’ipotesi di una saldatura tra creatività, ecologia e politica. Nicola Sguera

«Ciò che interessa, per il momento, è il fatto che la prin­cipale forza produttiva e la principale forza di rendita ca­dano progressivamente nel dominio pubblico e tendano verso la gratuità; che la proprietà privata dei mezzi di pro­duzione e dunque il monopolio dell’offerta diventino pro­gressivamente impossibili; che, di conseguenza, l’influen­za del capitale sul consumo si attenui e che questo possa tendere a emanciparsi dall’offerta commerciale.
Si tratta di una rottura che mina il capitalismo alla base. La lotta ingaggiata tra i «software di proprietà» e i «software libe­ri» (libero, free, in inglese significa anche gratuito) è stata il colpo di inizio del conflitto centrale dell’epoca. Esso si estende e si prolunga nella lotta contro la mercificazione delle ricchezze primarie: la terra, le semenze, il genoma, i beni culturali, i saperi e le competenze comuni, costitutivi della cultura del quotidiano e che sono i prerequisiti dell’esistenza di una società. Dalla piega che prenderà questa lotta dipende la forma civilizzata o barbara che prenderà l’uscita dal capitalismo.
Questa uscita implica necessariamente la nostra emanci­pazione dalla signoria che il capitale esercita sul consumo e dal suo monopolio dei mezzi di produzione. Essa significa l’unità ristabilita del soggetto della produzione e del sog­getto del consumo e dunque l’autonomia ritrovata nella definizione dei nostri bisogni e dei modi di soddisfarli. L’o­stacolo insormontabile che il capitalismo aveva eretto su questa strada era la natura stessa dei mezzi di produzione che aveva messo in opera: essi costituivano una megamac­china della quale tutti erano i servitori e che ci dettava i fi­ni da perseguire e la via per raggiungerli. Questo periodo volge al termine. I mezzi di autoproduzione high-tech ren­dono la megamacchina industriale virtualmente obsoleta.
Claudio Prado invoca «l’appropriazione delle tecnologie» perché la chiave comune per tutti – l’informatica è ap­propriabile da parte di tutti. Perché, come chiedeva Ivan Illich, «ognuno può utilizzarla senza difficoltà tanto spesso o raramente quanto desidera… senza che l’uso che se ne fa invada la libertà di altri di fare altrettanto»; e perché que­sto uso (si tratta della definizione illichiana degli strumenti conviviali) «stimola la realizzazione personale» e allarga l’autonomia di tutti. La definizione che Pekka Himanen dà dell’etica hacker è assai prossima: un modo di vita che mette al primo posto «le gioie dell’amicizia, dell’amore, della libera cooperazione e della creatività personale».
Gli strumenti high-tech esistenti o in corso di sviluppo, generalmente comparabili a delle periferiche di computer, puntano verso un avvenire in cui praticamente tutto il ne­cessario e il desiderabile potranno essere prodotti in labo­ratori cooperativi o comunitari; in cui le attività di produ­zione potranno essere combinate con l’apprendimento e l’insegnamento, con la sperimentazione e la ricerca, con la creazione di nuovi gusti, profumi e materiali, con l’inven­zione di nuove forme e tecniche agricole, costruttive, me­diche, ecc. I laboratori comunitari di autoproduzione sa­ranno interconnessi su scala globale, potranno scambiare o mettere in comune le rispettive esperienze, invenzioni, idee, scoperte. Il lavoro sarà produttore di cultura e l’au­toproduzione un modo di sviluppo.
Due circostanze sostengono questo tipo di cammino. La prima: esistono molte più competenze, talenti e creati­vità di quante l’economia capitalistica ne possa utilizzare. Questa eccedenza di risorse umane non può diventare produttiva se non in un’economia in cui la creazione di ricchezza non sia sottomessa ai criteri della redditività. La seconda: «l’impiego è una specie in via di estinzione».
Non dico che queste trasformazioni radicali si realizze­ranno. Dico soltanto che, per la prima volta, possiamo vo­lere che esse si realizzino. I mezzi esistono, così come le persone che vi si impegnano metodicamente. E probabile che saranno dei Sudamericani o dei Sudafricani, per pri­mi, a ricreare nelle periferie diseredate delle città europee i laboratori di autoproduzione della loro favelas o della lo­ro township d’origine».

4 Risponde a André Gorz, Ecologica, Edizioni Jaca Book

  1. Antonio Cémbrola 2 luglio 2009 a 12:55

    Rinvio il testo perchè i simboli <> hanno ingoiato le citazioni

    PER RIMEDIARE
    Nel commento precedente “ASPETTANDO… L’EPIGONO volevo parlare di A. Gorz ed “Ecologica” e mi sono ritrovato in un mancato “coccodrillo” al capitalismo.

    I temi affrontati da Gorz durante tutto un quarantennio risultano di struggente attualità . Cosa vuol dire tutto questo che è cambiato poco nel frattempo o che piuttosto i cicli congiunturali ci ripropongono temi che danno vita a speranze utopiche che puntualmente irrealizzate si ripresenteranno al prossimo ciclo?
    La crisi energetica del 75 (Ecologia e politica) ha dato fiducia a tanti (da Illich, Attali, Guillame, Glotz ) oltre a Gorz di reinventare il futuro, una speranza di riscatto socialista purtroppo disattesa. Oggi la frenata della crescita è tout-court crisi del capitalismo ma i limiti fisici-ecologici non saranno la sua fine ancora una volta sotto l’ala dell’imperialismo esso sopravviverà.
    In “Addio al proletariato”1980 è sancita la perdita di una coscienza proletaria, il capitale si rimpossessa dell’industrialismo, il toyotismo si fa largo e la fabbrica integrata della qualità totale, libera dal lavoro lo schiavo della “catena di montaggio”. Il proletario che cercava la sua liberazione nel lavoro passa ad una nuova schiavitù quella del consumo da bisogno indotto. Il dominio e perpetrato, è necessario lavorare per il consumo per la crescita,
    L’utopia allora diventa…la maggiore produttività restringe sempre più i tempi della produzione, il tempo liberato per le attività autonome utili all’individuo e non al mercato devono portare verso una ristrutturazione ecologica (Capitalismo,socialismo,ecologia) l’utopia dell’80 è riproposta oggi ,come allora per una realizzazione nel senso di un’ecologia che non sia mero ambientalismo ma produzione di beni per valore d’uso “bisogna che decresca o che scompaia ciò che che minaccia le basi naturali della vita”,una razionalità ecologica deve subentrare alla razionalità economica, “meno, ma meglio” è lo slogan. (mi sembra di parlare di cronaca odierna)
    Gorz ecologista a pieno titolo, ritiene non sussistere una morale dell’ecologia, ma dalla sua critica alla teoria e prassi capitalistica non dobbiamo escludere l’istanza di un atteggiamento etico-comportamentale pro-uomo.
    Ringraziamo Gorz, e ci fa piacere pensare ad una riconciliazione eterna con la sua Dorin e noi ancora miseri mortali troveremo mai “La strada del paradiso”?

    Rispondi
  2. Antonio Cémbrola 2 luglio 2009 a 12:42

    PER RIMEDIARE
    Volevo parlare di A. Gorz ed “Ecologica” e mi sono ritrovato in un mancato “coccodrillo” al capitalismo.

    I temi affrontati da Gorz durante tutto un quarantennio risultano di struggente attualità. Cosa vuol dire tutto questo che è cambiato poco nel frattempo o che piuttosto i cicli congiunturali economici ci ripropongono temi che danno vita a speranze utopiche che puntualmente irrealizzate si ripresenteranno al prossimo ciclo?
    La crisi energetica del 75 (Ecologia e politica) ha dato fiducia a tanti (da Illich, Attali, Guillame, Glotz ) oltre a Gorz di reinventare il futuro, una speranza di riscatto socialista purtroppo disattesa. Oggi la frenata della crescita è tout-court crisi del capitalismo ma i limiti fisici-ecologici non saranno la sua fine ancora una volta sotto l’ala dell’imperialismo esso sopravvivrà.
    In “Addio al proletariato”1980 è sancita la perdita di una coscienza proletaria, il capitale si rimpossessa dell’industrialismo, il toyotismo si fa largo e la fabbrica integrata della qualità totale, libera dal lavoro lo schiavo della “catena di montaggio”. Il proletario che cercava la sua liberazione nel lavoro passa ad una nuova schiavitù quella del consumo da bisogno indotto. Il dominio e perpetrato, è necessario lavorare per il consumo per la crescita,
    L’utopia allora diventa: la maggiore produttività restringe sempre più i tempi della produzione, il tempo liberato per le attività autonome utili all’individuo e non al mercato devono portare verso una ristrutturazione ecologica (Capitalismo,socialismo,ecologia) l’utopia dell’80 è riproposta oggi ,come allora per una realizzazione nel senso di un’ecologia che non sia mero ambientalismo ma produzione di beni per valore d’uso <>,una razionalità ecologica deve subentrare alla razionalità economia, <> è lo slogan. (mi sembra di parlare di cronaca odierna)
    Gorz ecologista a pieno titolo, ritiene non sussistere una morale dell’ecologia, ma dalla sua critica alla teoria e prassi capitalistica non dobbiamo escludere l’istanza di un atteggiamento etico-comportamentale pro-uomo.
    Ringraziamo Gorz, e ci fa piacere pensare ad una riconciliazione eterna con la sua Dorin e noi ancora miseri mortali troveremo mai “La strada del paradiso”?

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  3. Antonio 2 luglio 2009 a 8:05

    ASPETTANDO…L’EPIGONO
    Una reale alternativa al sistema capitalistico, non si vede all’orizzonte economico, tentativi culturali sulla vecchia dialettica marxista della rivoluzione di classe e dell’appropriazione dei mezzi di produzione hanno perso anche la forza dialettica originaria rimanendo “doxa” di vecchi salottieri in pensione. (come me)
    Il “tempo liberato” dall’automazione ha peggiorato l’alienazione del cittadino spossesato anche della “praxi” non solo del valore della sua attività. Ciò che doveva servire a recuperare “convivialità” tempo per la “riproduzione” si è rilevato solo un gran bacino di disoccupati che premono alle porte del mondo del lavoro facendo anche teorizzare (P.Ichino) una normativa giuridica legittimante un “turn over” (come lo chiama lui, io direi lotta) tra lavoratori “outsider e “insider”.
    Ma non ci meravigliamo di questo signor ex sindacalista, poichè è tutta la sinistra che sententosi tradita dalla classe che rappresentava non ha saputo scorgerne l’evoluzione e l’ha trattata con la stessa moneta.
    La sua spinta significativa alle liberalizzazioni in in un sistema del “laissez faire” globalizzante ha liberato una miriade di cani sciolti, anime in delirio di onnipotenza, una svolta drastica verso una destra tolizzante rappresentativa esclusiva della banalità dell’Essere, ciò ha decretato forse la fine di una culturale socialista su base storica .
    “Lavorar meno, per lavorare tutti”, non è possibile, non lo vuole il sistema per una questione di potere che nasce dalla manipolazione non equa delle ricchezze prodotte, e dall’utilità dell’esercito di disoccupati. Non lo vuole il singolo individuo che indotto in confusione tra ben-essere e ben-avere non trova la realtà di se stesso.
    Cari amici di centro-sinistra non illudetevi che la crisi attuale economica possa essere l’inizio dell’autodistruzione del capitalismo, che tanti studiosi di Marx leggono nei suoi scritti, il capitalismo ha proprietà camaleontiche inimmaginabili.
    Avete notato come la contestazione di assenza etica rivolta al sistema liberal-brigantesco, l’istanza di una moralizzazione del sistema finanziario e produttivo, viene sfruttato propagandisticamente dai vecchi apparati.Con la retorica dei farisei blaterano dal tempio contro ignoti, altri da sé, con l’unico scopo di nuovi profitti.
    Il capitalismo elargisce bisogni da soddisfare con consumi, esporta libertà e democrazia armata, elargisce ricchezza con le risorse degli altri,… è sbarcato a Pechino nel regno del comunismo!
    Credete ad una possibilità di un neo-umanesimo? Credete ad una cultura filo-antropica che rifugga lo hybris consumistico per una politica-ecologica che non si dissolva nella razionalità economica?
    Il capitalismo è un sistema che alletta concede l’idea prometica all’uomo che cerca il mito, al mitomane dà possibilità di compromessi e concussioni, egli può cedere anche l’anima.
    E’ l’inaccettabilità della finitudine dell’uomo darwiniano che gli fà sciegliere di vivere una vita inautentica, ciò che poi consente il perpetuarsi di sistemi economici accumulativi teleologicamente vuoti.
    Ahime, il capitalismo vivrà ancora a lungo!

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  4. luigi di donato 30 giugno 2009 a 10:47

    Condivido l’analisi e le speranze di Gorz, essendo convinto che le utopie restino tali solo se in noi non c’è abbastanza volontà di trasformarle in realtà. La tecnologia può aiutarci a rendere il mondo migliore a patto che noi ne facciamo un uso consapevole e motivato da valori importanti.

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