Strindberg e la questione dell’emancipazione femminile

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L’etichetta inflitta ad August Strindberg di “kvinnohatare”, (colui che odia le donne), è stata smentita varie volte da Per Olov Enquist, sia nei suoi drammi, come “Tribadernas natt” (“La notte delle tribadi”) del 1975, che nelle sue conferenze. Nell’ultima alla quale ho assistito, durante la scorsa fiera del libro di Göteborg, Enquist ha dichiarato fermamente – non senza suscitare polemiche – la sua convinzione che Strindberg non abbia odiato le donne neanche per un secondo della sua vita.

Con la regia di Thommy Berggren della “Notte delle tribadi” (teatro comunale di Stoccolma, Stockholms stadsteater), non sono le tribadi ad essere discriminate, in quanto appaiono donne di carattere forte, che con le loro repliche si difendono talmente bene da quasi deridere Strindberg stesso. Ma il personaggio chiaramente più sottomesso e maltrattato è Viggo Schiwe, troppo buono, accondiscendente e “servile”. Come non constatare che, al di là della differenza di genere, la sopraffazione nella società avviene spesso a discapito del più buono, per questo considerato più “debole”?

In questo dramma di Per Olov Enquist sulla relazione disastrosa di Strindberg con la sua ex moglie Siri von Essens, viene messo in scena uno Strindberg che spiega il suo rispetto per le femministe soltanto se capaci di atti concreti di emancipazione, non di lamenti inutili.

mammismo

Inoltre, la replica di Strindberg al rifiuto di Siri di concedergli di stare con i suoi figli per due settimane in estate: “ma così avresti potuto essere libera”, si può interpretare come una giusta critica, perché la vera emancipazione dovrebbe avvenire a tutti i livelli, anche i più scomodi per le donne. Invece Siri, col suo rifiuto, dimostra al contrario di voler piuttosto rimanere radicata al suo patriarcale ruolo di “mamma”.
Per fortuna Strindberg non conosceva il mammismo italiano…
Stefania Iannella

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