Il problema dell’essere umano è che non sa come deve vivere. “Ishamael” di Daniel Quinn

Ishmael_cover[di Tullia Bartolini] “Ishmael”, di Daniel Quinn, è un libro che non può essere recensito. Perché va letto. E va letto perchè guarda alle cose con occhi limpidi, netti, senza patetico. O anche perché gode di una scrittura semplice, capace di arrivare al dunque.
“Ishmael” parla del mondo, dell’ambiente, dell’Uomo.

Ed è più che mai attuale, nonostante gli anni trascorsi dalla sua prima edizione: avanziamo a passi spediti verso il baratro, figli del progresso, incapaci di fermarci.

Madre Cultura ci ha mentito (‘Vale di più un caffè con un amico che tutti i libri che ho letto nella mia vita’, recitava il novello Cristo del film di Olmi, ‘Cento chiodi’), costringendoci in gabbie fatte di menzogne. Ci ha sradicati, consegnati al dio mercato. Ci ha voluti soli, sempre più soli, incapaci di legami. Ha svilito ogni principio, eliminato il peso e il valore della saggezza antica; ha distrutto il nostro rapporto con la terra e, soprattutto, con le Leggi di natura.

Non è un caso che un testo come questo non verrà mai proposto tra i libri scolastici. Eppure avrebbe molto da insegnare ai ragazzi, senza avere la pretesa di proporre verità assolute. Come scriveva Albers, “Un buon insegnamento è più un dare giusti interrogativi che giuste risposte.”

Però si sente che è un libro che non mente. E non mente il suo autore quando ci dice, a lettura finita, che quello, per lui, è molto di più che un romanzo. Leggetelo, scaricatelo da internet, inviatelo alle persone a cui volete bene (come ha fatto con le liste del gruppo di  https://www.artempori.it  il nostro amico Enzo Maddaloni). Fatelo girare, commentatelo, discutetene.

Quinn non è certo l’unico scrittore ad aver avuto uno sguardo lungo, capace di cogliere l’essenza di ciò che sta accadendo al mondo. Esiste un’ampia letteratura che si è occupata e si occupa di questioni simili; e molti film, cortometraggi, romanzi e saggi.  Ma di ‘Ishmael’, e  della sua ‘umanità’, vi innamorerete.

(Daniel Quinn nasce nel 1935 nel Nebraska, Usa. ‘Ishamel’ gli ha fatto conseguire un Award nel 1991. Si è autodefinito ‘critico culturale’ poichè, attraverso le sue opere, ha messo in luce le falsità scientifiche e le fallaci logiche dei sistemi culturali mondiali. Nel 2012 ha pubblicato la raccolta di racconti ‘At Woomeroo’).

Seguono alcuni brani del libro ”Ishmael” di Daniel Quinn.

Dovevo andarci, è ovvio… dovevo rassicurarmi che si trattasse solo dell’ennesima bufala, capite? Sarebbero bastati trenta secondi, le prime dieci parole, e avrei saputo. E dopo avrei potuto tornare a casa e scordarmene.

Quando ci arrivai, scoprii con sorpresa che si trattava di un comunissimo palazzo di uffici, pieno di avvocati, dentisti, agenti di viaggio, pubblicitari di second’ordine, un chiropratico e un paio di investigatori privati. Mi ero aspettato qualcosa di più suggestivo… arenaria con pareti rivestite in legno, soffitti alti e, magari, finestre con persiane. Cercai l’appartamento 105 e scoprii che dava sul retro, con le finestre che si affacciavano su un vicolo.

(…)

Il disastro si verificò quando, diecimila anni fa, i popoli della vostra cultura dissero: «Noi siamo saggi quanto gli dèi, e possiamo governare il mondo proprio come loro». Quando assunsero nelle proprie mani il potere di vita e di morte sul mondo, il loro destino fu segnato.

— Già, perché in realtà non erano saggi quanto gli dèi.

— Gli dèi hanno governato il mondo per miliardi di anni, e tutto è anda-to bene. Dopo poche migliaia di anni di dominio umano, il mondo è in punto di morte.

— Giusto. Ma i Prendi non rinunceranno mai.

Ishmael si strinse nelle spalle. — Allora moriranno, com’è stato predetto.

(…)

Che cosa significa esattamente “cultura”? — chiese infine Ishmael. — Nel senso che viene dato comunemente a questa parola, non in quello che le abbiamo assegnato per i fini di questa conversazione.

Era pazzesco fare una domanda come quella a una persona seduta sotto il tendone di un luna park, ma feci del mio meglio per rifletterci. — Direi che è il complesso di tutto ciò che rende un insieme di persone un popolo.

Lui annuì. — E come si crea questo “complesso”?

— Non sono sicuro di capire la domanda. Comunque, si crea dal fatto che la gente vive.

— Certo, ma anche i passeri vivono, eppure non hanno una cultura.

— D’accordo, ho capito dove vuoi arrivare. Si tratta di un accumulo.

— Quello che continui a non dire è come si crea questo accumulo.

— Ah, sì. Va bene. L’accumulo è il complesso di conoscenze che passa da una generazione alla successiva. Si crea… Be’, quando una specie arriva a un certo grado di intelligenza, i membri di una generazione cominciano a trasferire informazioni e tecniche alla generazione successiva, la quale prende questo complesso di conoscenze, vi aggiunge i propri aggior-namenti e correzioni, e lo passa alla generazione seguente.

— E questo complesso di conoscenze viene chiamato “cultura”.

— Sì, direi di sì.

— È il complesso di tutto ciò che viene trasferito, naturalmente, non sol-tanto le informazioni e le tecniche. Comprende le credenze, le ipotesi, le teorie, i costumi, le leggende, le canzoni, le storie, le danze, le facezie, le superstizioni, i pregiudizi, i gusti, gli atteggiamenti. Tutto.

— Certo.

(…)

- D’accordo, ma non hai risposto alla mia domanda. Come fa un popolo civilizzato ad appartenere al mondo?

Ishmael scosse la testa in un misto di impazienza ed esasperazione. — La civiltà non c’entra niente. Come fanno le tarantole ad appartenere al mondo? Come fanno gli squali ad appartenere al mondo?

— Non capisco.

— Guardati attorno, e vedrai che alcune creature si comportano come se il mondo appartenesse a loro, e altre come se loro appartenessero al mon-do. Riesci a distinguerle?

— Sì.

 

Per leggere il testo completo, potete cliccare su questo link:

http://www.slideshare.net/ferdinandorobespierre/daniel-quinn-ishmael-in-italiano

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