La responsabilita’ sociale quando si parla del suicidio

[di Mariapaola Bianchini] Il suicidio è un comportamento estremo, con un impatto drammatico nei percorsi di vita di chi ci lascia e di chi rimane. E’ un fenomeno troppo complesso e troppo delicato, per cui è necessario parlarne con rispetto, assenza di giudizio, attenzione, delicatezza, e soprattutto con conoscenza. la notte stellata

Questo è un articolo che nella corrente settimana di ferragosto 2014 si aggiunge a purtroppo altri articoli sull’argomento, data la concentrazione nelle ultime settimane di episodi di cronaca locale, nazionale e mondiale. E’ un articolo che nasce a caldo, da riflessioni sulla responsabilità sociale legata al fenomeno, in particolare a come lo si elabora e a come ne si parla.

Quando arriva all’attenzione dei media, e quindi alla gente, il suicidio è già un comportamento agito e, nel caso sia riuscito, una realtà concreta cui si puo’ far fronte solo supportando i survivors, cioè i cari che sono stati drammaticamente privati del legame con la persona venuta a mancare. Sono persone che elaborano il lutto diversamente, in un percorso lungo e difficile che non sempre viene risolto, e che coinvolge emozioni e sentimenti diversi da quelli di un lutto accidentale. Si tratta di persone fortemente scioccate che andrebbero supportate da professionisti esperti o da persone sensibili e preparate.  Prima di questo, però, c’è tutto un percorso che spesso vede coinvolte figure familiari e professionali, sanitarie -medici, psichiatri- psicoterapeuti  – , spirituali, politiche, associazionistiche. Sono  tutte impegnate nella prevenzione suicidaria.

La prevenzione del suicidio è un tema fondamentale e di estrema rilevanza che ha si l’urgente scopo di evitare il dramma, ma anche l’obiettivo di diffondere una cultura di conoscenza e prevenzione socialmente condivisa. Sensibilizzare sul fenomeno, diffonderne la conoscenza, ridurre lo stigma, agire sui pregiudizi che isolano i familiari, sono tutti tentativi di cambiamento culturale e assistenziale che vanno nella direzione del sostegno psico-sociale più funzionale ad evitare comportamenti estremi. In Italia una presenza importante che agisce nella cultura della prevenzione e del sostegno è il “SPS -Servizio per la prevenzione del suicidio presso la U.O.C. di psichiatria dell’azienda ospedaliera Sant’Andrea. Consultando il sito internet  -  www.prevenireilsuicidio.it  si possono raccogliere molte informazioni sull’argomento  che hanno l’utilità di sensibilizzare la gente a conoscere meglio e senza pregiudizi. Sono anche una risorsa per le principali agenzie di educazione e sostegno che possono diventare protagonisti attivi nelle fasi più precoci di vita, scuole e servizi sanitari nazionali.  Il SPS partecipa alla Giornata Mondiale di Prevenzione al suicidio (6 ottobre 2014 – www.giornataprevenzionesuicidio.it  – ) con un convegno il 10 e l’11 settembre  il cui slogan è “LA PREVENZIONE DEL SUICIDIO, UN MONDO UNITO” (http://www.giornataprevenzionesuicidio.it/public/GMPS2014b.pdf) proprio per rimarcare l’importanza di linee guida e conoscenze mondialmente condivise.

La responsabilità sociale quando si parla di suicidio riguarda in primis il mondo dei media, che in questa epoca di velocità stratosferica della comunicazione, determina le direzioni dei social network e quindi le risposte di elaborazione e consapevolezza mondialmente condivise. Esistono delle linee guida cui i media devono attenersi quando parlano di suicidio o quando danno notizie di episodi suicidari. Esse sono  redatte direttamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e servono per evitare i comportamenti suicidari di emulazione, purtroppo molto diffusi. Come si evince dalle linee guida –  http://www.who.int/mental_health/prevention/suicide/resource_media.pdf -  è cura dei media essere attenti a:

  • dare l’opportunità di educare il pubblico al suicidio
  • evitare espressioni che normalizzano il suicidio e lo presentano come una soluzione ai problemi
  • evitare dettagli  sui luoghi ed inopportuni racconti sulle storie di suicidio
  • evitare esplicite descrizioni sui metodi usati nei comportamenti di suicidio, riusciti o non riusciti
  • evitare di fornire notizie sulle circostanze dei comportamenti di suicidio, riusciti o non riusciti
  • formulare titoli con cura
  • esercitare cura nell’uso di immagini e video
  • mantenere particolare cura quando si informa sul suicidio di celebrità
  • esporre giuste considerazioni sulle persone che hanno perso un caro
  • diffondere informazioni su dove richiedere sostegno ed aiuto
  • riconoscere che i media stessi possono essere stati toccati da storie personali di suicidio.

La diffusione di queste linee guida ci puo’ essere utile ad assumere in prima persona un atteggiamento critico  e responsabile quando  leggiamo di cronache drammatiche. E’ il caso, ad esempio, del recente suicidio di Robin Williams,  celebrità nota ed amata in tutto il mondo. La notizia della sua personale decisione di morte è stata diffusa velocemente in tutto il mondo e ci ha spinto a condividerla personalmente sui social network. Attenzione però alla nostra responsabilità: come ha riportato il quotidiano on line il Post – http://www.ilpost.it/2014/08/13/modo-giusto-parlare-suicidio/ – ci sono state delle irregolarità nella comunicazione ed è doveroso informarsi per essere critici. La responsabilità ci permette maggiore proattività e la proattività fa sperare nel necessario  cambiamento della cultura del suicidio.

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