Ma i gay sono diversamente consapevoli? Perché io non partecipo al Benevento Campania Pride.

gay-pride[di Alessio Masone] Sebbene abbia collaborato con il Collettivo Wand Lgbt, da promotore di cambiamento dal basso, per me è doveroso avere il coraggio di uscire dalla retorica pro gay e avvertire che i Gay Pride, come ogni grande evento pubblico (come grandi opere e grande distribuzione), al di là delle buone intenzioni, nelle ricadute quotidiane sono agevolatori del vecchio modello culturale omologante e delegato, quello stesso che esclude ogni minoranza, in ogni contesto, frenando di fatto il cambiamento.
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Chi, come me, si occupa di promuovere i piccoli produttori locali e le librerie indipendenti, come effetto collaterale, innesca nella popolazione un’attitudine quotidiana all’inclusione di tutte le diversità biologiche, culturali, economiche.
Organizzando un Gay Pride si realizza qualcosa che, in termini di linguaggio esperienziale, abbia ricadute anche nel quotidiano dell’economia territoriale e della vita reale? In questo momento di emergenza economica, il Gay Pride fa qualcosa anche per il piccolo produttore, per le varietà autoctone, per i piccoli negozianti indipendenti?
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Il movimento gay fa qualcosa per il mondo o, egoisticamente, vuol solo tirare la giustizia dalla sua parte? Spesso e invano, provo a spiegare ai miei amici gay che, se la massaia, omologandosi, fa la spesa delegando ai marchi famosi e alla grande distribuzione, poi naturalmente sarà incapace di tolleranza con le minoranze e i diversi. In pratica, se chiedo a un gay dove fa la spesa, dove compra i libri, dove va a cinema, resta interdetto. Infatti, l’omosessuale medio si comporta come se avesse assolto il suo impegno di cittadino responsabile già nell’essere gay: non si sente tenuto a essere responsabile con il mondo, ma si aspetta solo di ricevere solidarietà. Ma i gay non vivono nel quotidiano, come tutti gli altri cittadini, con il dovere di cambiare il mondo e combattere l’omologazione quando fanno la spesa o quando vanno al cinema?
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Bisogna ipotizzare, a questo punto, che il movimento gay non sia consapevole che il disagio della sua categoria possa diventare opportunità per inseguire una salvezza non solo per i gay, ma per tutte le diversità, affrancandoci dal seme originario di ogni intolleranza, quell’incomunicabilità con il vicino di casa e con i nostri simili.
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Ma gli stessi etero che solidarizzano con il Gay Pride (quindi contro l’omologazione), poi nel quotidiano agiscono concretamente contro l’omologazione rinunciando ai vantaggi della grande distribuzione? Non conta la solidarietà espressa nelle intenzioni, ma a quante delle nostre convenienze pratiche rinunciamo per la giustizia nel mondo.
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Gli etero, esponenti della società civile della mia città, fanno a gara per sostenere i diritti dei gay e in particolare il Gay Pride di Benevento: ma questi etero, al di là delle belle parole, se li conosciamo da vicino, sappiamo benissimo che, nei fatti quotidiani, non sono affatto capaci di essere tolleranti neanche con gli altri come loro: condizionati dal branco di appartenenza, restano congelati in una guerra fredda fatta di omissioni e invidie contro tutti quelli che organizzano attività culturali sullo stesso loro territorio.
Invece, la società civile etero nei confronti del Gay Pride di Benevento è tutta compatta e coesa: forse perché non si sente in competizione con i gay? Perché li considera esseri inferiori a cui elargire pietà?
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Io invece, li considero alla mia pari, e, quindi, se loro non si sforzano a fare qualcosa di costruttivo per il quotidiano di tutti, come l’agevolare l’economia territoriale, contrastando l’omologazione delle multinazionali e grande distribuzione, io ho il dovere di non fare niente per loro (oltre a quello che già faccio nel quotidiano): io non partecipo al Benevento Campania Pride.

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