La censura che omologa è messa in atto, ogni giorno, dai giornali locali, a danno della società civile

Il caso del sindaco di Benevento che ha vietato simbolicamente la vendita del libro di Riina. La mafiosità può risiedere nel rapporto tra lettore e opera. E’ emergenza democratica informativa se i giornali locali continuano, allineandosi alle testate nazionali, a dare priorità alle notizie eclatanti.

giornali- Il caso del sindaco di Benevento che ha vietato simbolicamente la vendita del libro di Riina.
- La mafiosità può risiedere nel rapporto tra lettore e opera.

– E’ emergenza democratica informativa se i giornali locali continuano, allineandosi alle testate nazionali, a dare priorità alle notizie eclatanti.

[di Alessio Masone] Non si configura una censura nel gesto simbolico del sindaco di Benevento di vietare la vendita di un libro.
Considero il gesto del sindaco Fausto Pepe come una provocazione, visto che non ha efficacia giuridica: resta invece come reale censura quella che operano, ogni giorno, i giornali locali, tacendo della società civile territoriale che non fa “notizia”.

Quello che i giornali locali hanno censurato: la mafiosità può risiedere nel rapporto tra lettore e opera.
Al riguardo, come libraio indipendente, sono stato interpellato da numerose testate locali, ma avevano già in mente cosa pubblicare e hanno oscurato quanto sia fondamentale considerare la “responsabilità sociale del lettore”: non conta tanto l’opera, su cui non si può incidere neanche con la censura, ma la parte di competenza del lettore dove si può incidere tramite una fruizione responsabile. Una sorta di fatica coautoriale dell’opera che rende il lettore responsabile attore del mondo in cambiamento.
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Entrando nello specifico caso, la mafiosità non è tanto nel libro di Riina, ma nell’eventuale approccio del lettore: se compro un libro contro la mafia, ma tramite i centri commerciali, librerie di catena e online, per risparmiare, io sto accettando una micro tangente che mette al primo posto la mia convenienza personale, trascurando il bene comune e incentivando la crisi economica, quindi a danno dell’economia territoriale, della redistribuzione del reddito, della coesione locale. Questo approccio si consolida nel quotidiano della mia vita e di quelli a me vicini, al punto che, se un giorno dovrò ricoprire cariche pubbliche, sarò culturalmente assuefatto a favorire me e i miei amici, a danno del bene comune. Paradossalmente, se si compra il libro di Riina tramite una libreria indipendente, si realizza uno stile di azione culturale responsabile e capace di cambiamento: l’eccellenza non è più assoluta, quindi da ricercare esclusivamente nell’opera, ma si parla di eccellenza relazionale, quella agita nella parte di competenza del fruitore, se portata responsabilmente nel tessuto quotidiano.

L’intervista di Porta a porta a Riina è figlia del sistema mass mediatico.
Bruno Vespa, nell’intervistare Riina, è solo espressione di un sistema mass mediatico malato. I giornali perseguono uno stile di azione culturale basato prevalentemente sulla notorietà dei soggetti: i capi mafiosi, ma anche gli artisti noti e gli esponenti politici più visibili, sono un unicum che è privilegiato a danno dei tanti contenuti costruttivi messi in atto da soggetti misconosciuti della società civile.

I mass media locali, censurando il cambiamento, danno spazio solo alle notizie desiderate dai lettori che delegano.
I mass media locali, come quelli nazionali, danno priorità alle notizie eclatanti: delitti, scandali politici, spettacoli con artisti affermati, tutte notizie che non portano cambiamento. Utilizzando un linguaggio esperienziale che agevola esclusione e competizione, censurano invece quanto ci sia di volontariato e di costruttivo nei territori, tutte azioni culturali capaci di cambiamento ma che vogliono essere evitate dal cittadino qualunquista perché lo mettono in discussione.

Mettere in prima pagina reati e scandali innesca cambiamento?
Mettere in prima pagina fatti di reati e corruzioni non comporta la riduzione del numero di delitti. Invece, se si mettessero in prima pagina i fermenti dell’associazionismo locale, si costruirebbero le basi per prevenire la commissione di reati e ingiustizie. Se la magistratura e le forze di polizia hanno il compito di reprimere i reati in corso, il cittadino può interagire solo rimuovendo le cause d’ingiustizia per cui proliferano i reati.

I giornali locali, più di tutti, potrebbero essere il volano dei territori e quindi del cambiamento.
Collassato il modello centralizzato delle metropoli e grande industria, il cambiamento parte dai territori perché il volontariato e l’associazionismo avvengono lontano dai riflettori e diffusamente dal basso: è quindi compito dei giornali locali invertire le priorità e dare visibilità maggiore alle informazioni della società civile territoriale. I giornali nazionali, per loro natura, non possono comunicare i fermenti territoriali. Fino ad ora, i media locali si sono omologati a quelli nazionali: alla ricerca di consenso del lettore, invece, di promuovere il cambiamento, si sono allineati ai gusti della maggioranza qualunquista. Anche quando trattano di cultura e arte, si adeguano ai parametri della maggioranza del settore, frenando il cambiamento: nel dare visibilità a modalità culturali (calate dall’alto) già affermate e ad artisti già noti, quale cambiamento si promuove?

I giornali locali si sostituiscono alla società civile, interpretando, da tuttologi, il mondo del cambiamento.
I giornalisti locali con il loro potere di parola, si ritengono competenti in ogni campo dell’associazionismo, interpretandolo con canoni novecenteschi. Se gli esponenti della politica sono assenti nel mondo del volontariato, i giornalisti locali sono presenti asetticamente negli eventi della società civile solo per il tempo necessario a raccogliere notizie e foto per l’articolo calato dall’alto.

I giornalisti locali, come i politici, si esprimono senza esperienza diretta
Se è sempre più rilevante la spaccatura tra la classe politica, che decide sugli altri, e il volontariato, che agisce in prima persona, è da considerare che anche i giornalisti locali, prevalentemente estranei al volontariato e all’economia reale, si esprimono sugli altri, senza agire in prima persona, parlando dall’alto, senza esperienza diretta.

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