Barbara Giangrave’ e la sua denuncia contro gli “Inerti”

barbaraUna giovane donna dal nome evocativo, Gioia, torna al paese d’origine, Acremonte, nel siracusano, desiderosa di affrontare i fantasmi della sua adolescenza. Ha perso il lavoro e, confusamente, sente di dover mettere a posto qualcosa dentro di sé. Durante il percorso di recupero del suo passato inciampa, suo malgrado, in grandi macigni che hanno nomi importanti, e che vanno ben oltre se stessa: bene comune, attivismo, ambiente.

Un libro da leggere tutto d’un fiato “Inerti” (Ed.Autodafe’”, pagg. 198, 2016), presentato nel corso di una cena-baratto presso la Libreria Masone, il 6 maggio scorso. Vi si narra di sversamenti tossici, eco-mafia, collusione tra potere politico, magistratura e organismi anti-statali.

Barbara Giangravè, l’autrice, è una giornalista e la si può rintracciare su facebook col nome della protagonista di questa sua opera prima, Gioia Lantieri :https://www.facebook.com/barbara.giangrave.

Nata a Palermo nel 1982, laureata in Scienze della Comunicazione, giornalista professionista dal 2006, Barbara è stata insignita, nel 2011, del titolo di Inspiring Woman of Italy per il suo attivismo antimafia. Leggo, nella sua biografia, che ama viaggiare, che ha attraversato l’Europa, l’America e l’Asia. Con ‘Inerti’, è al suo primo romanzo. Usa uno stile netto e senza patetico, minuzioso nel descrivere il reale: ambienti, strade, città, case. Quasi a voler contrastare, con questo, l’elusività dei protagonisti della storia che racconta: che sembrano (quasi) tutti rassegnati, inconsapevoli, pavidi, omertosi e, soprattutto, come il titolo suggerisce, ‘inerti’. Il romanzo, frutto della fantasia dell’autrice, ha basi solide nell’inchiesta che Barbara ha condotto, con non pochi rischi, su presunti intombamenti di rifiuti tossici avvenuti in Sicilia. Il pentito Carmine Schiavone, poco prima di morire, aveva infatti dichiarato all’autrice che lo smaltimento, nell’isola, era iniziato molto prima che in Campania, addirittura intorno agli anni ’70.
Nel romanzo, il business vede coinvolto malaffare, vertici del Parlamento, magistrati che affossano indagini, ma pure parenti serpenti.
Il romanzo affida al nome della sua protagonista, Gioia, un futuro possibile: una ripartenza attraverso il recupero di solide radici e, forse, di una nuova dimensione. Acremonte non esiste, è una metafora che può apparentare la Sicilia con una qualsiasi altra città italiana. Eppure è l’emblema di questa Italia maltrattata, vittima della cattiva gestione della cosa pubblica, così come della nostra indifferenza di cittadini, in un tempo malato che sembra non fare più sconti a nessuno.

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