La mia mente è stata sotto occupazione. Ora la mia carriera è invasa

Serdar Değirmencioğlu è uno dei docenti licenziati dal governo turco per aver firmato la petizione Accademici per la Pace. Il 5 gennaio 2017 sarà presso la Biblioteca Provinciale, per l’incontro organizzato dal Gruppo Psicologi Sanniti “Oltre l’assedio: Turchia ed Europa, tra diritti e libertà”.

casa[di Serdar Değirmencioğlu,  American University del Cairo, Egitto]

Il professor Değirmencioğlu sarà a Benevento, giovedì 5 gennaio 2017 alle 15.00, presso la Biblioteca Provinciale, per l’incontro organizzato dal  Gruppo Psicologi Sanniti “Oltre l’assedio: Turchia ed Europa, tra diritti e libertà”.

Serdar Değirmencioğlu, Psicologo di comunità, e già Presidente del Dipartimento di Psicologia della Dogus University a Istanbul, è stato licenziato dal governo turco per aver firmato la petizione Accademici per la Pace: è infatti uno dei 1128 intellettuali di 89 università in Turchia e all’estero che a gennaio 2016 avevano firmato una petizione per la pace, per la soluzione della questione curda e contro la violazione dei diritti.

Il professor Değirmencioğlu sin dal 1997 era stato docente in diverse università turche, svolgendo inoltre incarichi di consulenza per il Consiglio d’Europa, l’Unicef, l’OMS e diverse amministrazioni turche. È ritenuto uno studioso di fama mondiale e un autorevole difensore dei diritti dei bambini.

Nel suo lavoro affronta spesso tematiche scomode o ignorate alla comunità scientifica più ampia.

Il presente articolo, scritto dal prof. Değirmencioğlu, e tradotto per noi da Marianna Giordano, è di ottobre 2016.

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LA MIA MENTE E’ STATA SOTTO OCCUPAZIONE. ORA LA MIA CARRIERA E’ INVASA.
[di Serdar Değirmencioğlu,  American University del Cairo, Egitto]
Tratto da Peace Reports,  vol. 12, numero 1, ottobre 2016 (traduzione di Marianna Giordano, in anteprima su Art’Empori.it)

L’occupazione della mia mente è cominciata nel 2003, pressappoco proprio quando è stato invaso l’Iraq.

Il 20 marzo, il giorno in cui ebbe inizio l’incursione aerea, mi stavo dirigendo con la mia auto ad una conferenza sulla pace vicino ad Istanbul con un amico proveniente dagli Stati Uniti. Lui era teso e nervoso. Sua moglie, i suoi figli, i suoi genitori erano molto preoccupati. Ed avevano ragione. Quando una guerra comincia, l’umanità viene ferita. La guerra significa sofferenza. Essi continuarono ad essere preoccupati finché non tornarono a casa, una settimana dopo.

Qualche mese dopo visitai la New Mexico Highlands University a Las Vegas per assistere alla nona conferenza biennale della Society of Community Research and Action. L’invasione avvenne nella mia mente e c’erano altre persone che nelle loro menti avevano la guerra, ma avevano paura di rivelare i loro pensieri.

Non ero in grado di concentrarmi durante la conferenza. Ho fatto un giro in una costruzione adiacente. Era il centro studentesco. Trovai un muro ricoperto da lettere e messaggi. Erano le voci di bambini e giovani del posto. Il messaggio era sempre  lo stesso: ‘Noi ti vogliamo bene! Ti vogliamo di nuovo qui!” Las Vegas era uno di quei posti in cui giovani donne ed uomini avevano poca scelta. Molti di loro si arruolavano nell’esercito. C’erano fotografie ovunque. Mi veniva da piangere. Il centro studentesco era vuoto. I miei colleghi erano nell’altro palazzo. Io ero l’unico che sentiva il pianto dei fratelli e sorelle degli arruolati. Dovevo portare quelle voci con me. Quelle voci dovevano essere sentite.

Dare voce a persone giovani era un compito che conoscevo bene. Nel dicembre del 2000 diedi inizio ad una campagna  intitolata: ‘Ascolta la mia voce! Anche io ne ho una!’. In quell’occasione chiesi ai bambini dai 6 agli 11 anni ed ai giovani fino a 18 anni di scrivere un messaggio al primo ministro e dirgli ciò che avevano in mente. Il Primo Ministro, come carica più alta di governo, deve tenere in considerazione l’opinione di ogni cittadino, incluso quella dei giovani. La risposta a questa campagna è stata incredibile; i giovani sono stati felici di dare voce alla propria opinione. Parte dei messaggi che ho ricevuto sono stati raccolti in un libro.

I giovani meritano di essere ascoltati; meritano l’opportunità di avere un impatto significativo  sulle loro comunità e sulla società. Queste sono le condizioni di base per la giustizia sociale e la pace. Ci sono però degli enormi ostacoli. Uno di quegli ostacoli è certamente il militarismo.

IL SUONO DELLA LIBERTA’

Il militarismo è una dottrina che rende la gente sorda non solo alle voci di pace, ma anche alla voce delle donne, dei bambini, dei disabili e degli oppressi. I blocchi che il militarismo costruisce nelle menti delle persone possono essere evidenti o meno, ma essi sono reali ed hanno conseguenze molto serie. La grande assurdità del militarismo è spesso riflessa negli slogan militari, come : ‘il rumore che senti è il suono della libertà’.

Ho trovato questo slogan in un libro che illustra come i piani imperiali e ed il militarismo distrussero l’Iraq. Il giornalista Rajiv Chandrasekaran (2007) racconta la storia della CPE, il meccanismo che governa l’Iraq, con dettagli terribili. Mentre l’Iraq veniva distrutto, la stampa riportava che al mondo intero che la qualità della  vita in Iraq andava migliorando di giorno in giorno.

Durante una conferenza stampa organizzata dal portavoce della CPE nel febbraio 2004, un giornalista iracheno fece una domanda in arabo. Voleva sapere come mai gli elicotteri volavano basso sia di notte che di giorno. I bambini erano molto spaventati e non riuscivano a dormire. La domanda era diretta al brigadiere generale Mark Kimmit. La sua risposta fu la seguente:

Ciò che vogliamo dire ai bambini iracheni è che il rumore che essi sentono è il suono della libertà. Quegli elicotteri sono in volo per garantire sicurezza. Di sicuro i piloti dei nostri elicotteri non volano a certe altezze appositamente per spaventare i bambini. Lo fanno per la loro sicurezza, per proteggerli. quando mia moglie, che è insegnante, dice ai bambini seduti in aula quando sentono il rumore dell’artiglieria : ‘bambini, questo è il suono della libertà’, essi sono contenti di quella spiegazione. Dite ai bambini dell’Iraq la stessa cosa, dite che il rumore degli elicotteri fa in modo che essi non debbano preoccuparsi per il futuro.

Per il generale Kimmit, gli elicotteri e le armi vengono prima dei bambini. La guerra e le armi sono realtà ed il mondo deve accettare questa realtà.

Era chiaro che il ‘suono della libertà’ era più alto delle voci dei bambini iracheni ed era più alto delle voci dei fratelli e delle sorelle di Las Vegas che volevano rivedere i propri cari. Questa è la verità. Quando un  militare parla, viene ascoltato. Quando parlano le armi, vengono ascoltate. Quando parla chi soffre, non viene ascoltato; le sue sofferenze si perdono nel ‘suono della libertà’.

Il militarismo è una dottrina che occupa i cuori e le menti. Li trasforma in pietre. Quando dei giovani vengono reclutati,  essi soffrono e soffrono anche i loro familiari; ma le loro sofferenze si perdono nel ‘suono della libertà’. Quando un esercito invade un territorio, l’Iraq o qualsiasi altro, gli abitanti di quel territorio sono costretti a soffrire e le loro voci ancor più difficilmente possono essere sentite perché il ‘suono della libertà’ è più forte quando sono in corso invasioni o occupazioni. Questo è il motivo per cui, dopo tredici anni dopo l’invasione dell’Iraq, poco è stato pubblicato circa le sofferenze del popolo iracheno. Una cosa è sicura: l’Iraq è stato sconfitto.

LA PSICOLOGIA AL SERVIZIO DEL MILITARISMO.

La mia mente da allora è stata occupata dal militarismo. L’invasione dell’Iraq mi ha aiutato a riconoscere la compiacenza della psicologia. Quando ho appreso che durante l’invasione dell’Iraq venivano utilizzate le bombe al napalm, ho esaminato la storia del napalm ed ho imparato che la psicologia ha ignorato completamente le armi al napalm. Il mondo conosceva le sofferenze che queste armi provocano, ma gli psicologi non erano interessati a ciò. Io pubblicai queste mie scoperte in inglese e turco. Ho viaggiato e tenuto varie conferenze per diffonderle, ma gli psicologi non volevano ascoltare.

Le cose peggiorarono intorno al 2005, quando l’American Psychological Association (APA) sostenne l’amministrazione Bush per rendere migliore la guerra al terrorismo. Gli psicologi si misero al servizio della guerra in Iraq (l’esercito e la CIA), un paese vicinissimo alla Turchia.

Nel novembre 2014 il direttorio dell’APA ha ingaggiato il consulente David Hoffman dello studio legale Sidley Austin per condurre un’indagine indipendente per appurare se ci fossero prove riguardo la collusione dell’Apa con l’amministrazione Bush e il supporto alla ‘guerra al terrorismo’.

Questa indagine indipendente ha avuto come risultato un documento conosciuto come ‘Hoffman Report’.

Il documento ha confermato le accuse rivolte all’APA, ma non ha cambiato il fatto che la psicologia non era ancora pronta ad ascoltare. Questo era vero negli Stati Uniti, in Europa e nel mio paese, la Turchia.

IGNORARE IL MILITARISMO

Gli psicologi in Turchia hanno dimostrato uno scarso interesse verso il militarismo. In un paese in cui c’è stato il servizio di leva obbligatorio per gli uomini, ciò significa che gli psicologi hanno ignorato un problema che ha riguardato tutti gli uomini per generazioni. Certo, la leva obbligatoria è stata solo una parte del problema. Il militarismo in Turchia è stato un problema pervasivo e persistente poiché è legato al nazionalismo e alla tradizione repubblicana. Le scuole sono contaminate dal nazionalismo che è diventato dominante negli ultimi anni. Il partito dominante vuole instillare il proprio tipo di militarismo nelle giovani menti, ma gli psicologi non si sono interessati alle  campagne di indottrinamento portate avanti nelle scuole.

Il militarismo promuove i conflitti armati. Da più di 30 anni un conflitto armato è in corso tra le forze armate del governo e l’organizzazione di guerrilla curda. Durante questi anni il conflitto si è spostato dalle aree rurali a quelle urbane. Adesso esiste un movimento popolare curdo urbano ed un partito che rappresenta questo movimento in parlamento. I giovani che sono nati dopo l’inizio del conflitto negli anni 80 sono cresciuti in un mondo crudele. Molti giovani curdi, inclusi i miei studenti, non credono alla pace. Pensano che sia un sogno irrealizzabile.

Il militarismo è reso prospero dalla morte, se questa viene glorificata e vista come un privilegio. Questa è la funzione del martirio ed i miti costruiti per glorificarlo. Negli anni 90, quando gli scontri armati aumentarono, aumentò anche il numero dei soldati uccisi. Presto i funerali dei soldati uccisi divennero un mezzo di propaganda politica per diffondere il militarismo, incitare l’odio ed il razzismo ed attirare il consenso. I funerali dei martiri divennero un’arma politica del partito dominante. I sociologi si sono guardati bene dallo studiare il martirio e come questo sia al servizio del militarismo. Io ho rotto il silenzio pubblicando un libro. Io odio dirlo, ma la morte ha occupato la mia mente.

POLITICHE DI MORTE

Nel 2015, la morte divenne una strategia politica in Turchia. Dopo le elezioni di giugno, Il partito dominante, l’AKP, puntava a promuovere dei cambi alla costituzione ed installare un sistema presidenziale di tipo statunitense che avrebbe dato un grande potere al presidente Erdogan. Egli ha messo in guardia la popolazione riguardo al caos che ci sarebbe stato se il suo partito non avesse avuto la maggioranza. Il 7 giugno gli elettori hanno dato all’HDP la possibilità di arrivare alla soglia del 10%, un mezzo utilizzato per tagliare fuori i partiti che rappresentano il movimento curdo. Una volta che l’HDP passò tale soglia, l’AKP perse la maggioranza e ciò diede origine ad un parlamento sospeso. Il presidente non ricercava nuove alternative politiche, ma una nuova strategia fu messa in atto. Le trattative di pace con le forze curde furono abbandonate. Il governo cominciò ad utilizzare il potere militare anche sui civili curdi. Lo sfoggio del potere militare attrasse il consenso dei nazionalisti più estremisti e di coloro che credevano nell’autoritarismo. Ancora una volta i funerali dei martiri divennero eventi importanti. Il presidente volle le elezioni e così il sangue versato durante l’estate si trasformò in voti il 7 novembre. L’AKP recuperò la maggioranza che aveva perso. Entro la fine del 2015 la Turchia soffriva per le “politiche di morte”, e la pace cominciò a diventare irraggiungibile.

LA MIA CARRIERA INVASA

In questo contesto, più di un migliaio di accademici (Academics for Peace) hanno firmato una petizione per la pace, invitando il governo a terminare la sua politica militare nel sudest che aveva ucciso tantissimi civili.La petizione fu resa pubblica l’11 gennaio. La risposta del governo fu una caccia alle streghe. Molti accademici furono licenziati; molti studiosi ricevettero pressioni affinché ritirassero la propria firma. Alcuni ricevettero minacce di morte.

Quattro accademici furono arrestati, dopo aver ribadito la richiesta di pace ad una conferenza stampa. Essi furono accusati di ‘propaganda terrorista’ e furono detenuti per più di un mese. Il loro processo, tenutosi il 22 aprile, fu seguito da tantissimi osservatori appartenenti sia ad organizzazioni interne, che internazionali. La corte respinse le accuse.

La caccia alle streghe è stato un metodo utilizzato dal governo per espellere le voci critiche. In alcune università private questa è stata l’occasione per liberarsi di accademici critici verso il regime e delle istituzioni. L’Università di Dogus, dove lavoravo, fu una di quelle. Lì c’era un clima di terrore installato per consolidare il potere del regime. Io ero un ribelle che non voleva sottostare a questo clima. Come capo del dipartimento di psicologia, mi impuntai contro i progetti immorali ed illegittimi pensati per aumentare i profitti. Per questo, nel 2013,  fui licenziato 40 giorni dopo aver cominciato a lavorare. Fui reintegrato nel 2014 grazie ad una sentenza.

L’amministrazione diede inizio ad un’investigazione interna il 18 gennaio. Il 12 febbraio fui rimosso dall’incarico. A marzo il decano provò ad impedirmi di tenere un discorso al Cairo. Quando il piano fallì, mi tagliò i soldi che mi erano dovuti per le lezioni extra. Successivamente l’amministrazione mi impedì di recarmi negli Stati Uniti per partecipare ad una conferenza.

Mi aspettavo di essere licenziato per metà giugno, subito dopo gli esami finali. L’amministrazione, però, si mosse prima. Fui licenziato il 29 aprile. Come motivo essi citarono una clausola utilizzata per espellere gli impiegati pubblici impegnati in un’aperta propaganda politica al lavoro. Non era applicabile nel mio caso, ma non importava. L’amministrazione utilizzò l’espediente della caccia alle streghe in modo che gli studenti pensassero che fosse stato un provvedimento attuato sotto pressione del governo. A maggio cominciai una causa avverso il provvedimento dell’amministrazione, pur sapendo che questa volta la vittoria sarebbe stata più difficile. Anche se avessi vinto, ormai le cose erano cambiate. Le università in Turchia sono sotto occupazione e la mia carriera lì è ormai finita.

LE UNIVERSITA’ SOTTO OCCUPAZIONE

Il governo ha dato inizio ad un’investigazione criminale nei confronti degli ‘Accademici per la pace’, ma siccome non c’è crimine, non c’è nessuna prova. L’accusa ha deciso di produrre delle prove mediante delle domande inquisitorie. Per supportare questo piano, tutti coloro che avevano firmato la petizione per la pace, furono convocati al comando di polizia. Gli accademici dovevano recarsi lì e rispondere a 14 domande.

Noi collettivamente decidemmo di non rispondere ad alcuna domanda. Ogni accademico era accompagnato da un avvocato. Ciascun accademico rispose che la loro richiesta di pace era un atto di libero pensiero. L’interrogatorio si trasformò così in una sorta di barzelletta. Non una singola domanda fu posta e nessuna domanda ebbe risposta. Ciò fu reso possibile da uno sforzo collettivo, dalla solidarietà degli accademici e degli avvocati.

Le cose peggiorarono il 15 luglio, quando un fallito colpo di stato permise al governo di assumere poteri enormi. Per prima cosa furono  rimossi i decani e la loro rimozione fu un’occasione per alimentare il terrore: il governo ha ormai il controllo delle università. Subito fu dichiarato lo stato di emergenza e 15 università furono chiuse. Accademici ed impiegati in queste università, divennero disoccupati da un momento all’altro.

Il primo settembre il governo, con un decreto, ha licenziato 50.000 impiegati, inclusi 2346 accademici. Tra gli accademici vi sono più di 40 membri degli ‘Accademici per la pace’.

I licenziamenti stanno distruggendo le università, le scuole e la fiducia nella democrazia. La speranza di pace sta scomparendo. Gli psicologi che per anni hanno ignorato il militarismo, la giustizia sociale e la pace, adesso devono fare i conti con la distruzione della loro ‘casa’: l’università.

Proprio mentre finisco questo articolo, la mia mente è occupata da forze che vorrei non esistessero. Anche la morte occupa la mia mente. La mia mente è stata invasa e l’università, il luogo in cui ho trascorso tanto tempo della mia vita, è sotto occupazione.

Spero che prendiate sul serio le mie parole. Quando il militarismo prevale, la libertà accademica è condannata a sparire. Gli psicologi devono prendere la pace sul serio per il bene della loro stessa professione e per il bene comune.

Serdar Değirmencioğlu, ottobre 2016
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