Modus vivendi – appunti su Bauman

zygmunt_bauman[di Tullia Bartolini] Zygmunt Bauman è uno degli autori che più ho avuto di apprezzare in questi anni. Affascinante personalità, sociologo, a torto definito reazionario dalla sociologia di massa e d’assalto. Ho letto varie cose, di questo ‘giovane’ ottantenne, prolifico e vivace. L’ultimo saggio s’intitola ‘Modus Vivendi’ ed è illuminante, come tutto quello che Bauman scrive.

Si parla della ‘nostra’ società, quella occidentale, malata e decadente. Per descrivere il mondo in cui ci muoviamo, quest’ovest senza valori, Bauman ha coniato un termine: liquidità. Tutto scorre, niente è fisso, niente resta: così sradicato, l’uomo occidentale è facile vittima del mercato. E’ l’homo economicus per eccellenza. È solo, solissimo, e gli si propongono luoghi in cui si vendono a buon prezzo incontri e finto benessere. Fino al prossimo bisogno, consumati i primi, che ovviamente non sono stati risolti.

In Modus Vivendi, Bauman affronta il tema della ‘mixofobia’. È la paura che l’individuo avverte, nel proprio contesto abituale, quando viene messo a contatto con la diversità. Le città – un tempo luoghi di protezione, per il singolo –, oggi lo minacciano da ogni lato.
La polifonia e la policromia culturale dell’ambiente urbano globalizzato lo spaventano. La mixofobia si manifesta, scrive Bauman, nella spinta a ritagliarsi isole di similitudine. Il sentimento del ‘noi’, diventa un modo per isolarsi dalla diversità, frequentando solo i ‘simili’ – o i presunti tali – ed evitando così di analizzarsi a fondo attraverso gli altri. “Il sentimento comune unisce senza che si verifichi l’esperienza comune, in primo luogo perché gli individui sono intimoriti dalla partecipazione e spaventati dalla sofferenza”. Non avendo vere ‘radici’, la paura li attanaglia.

La globalizzazione, infatti, ci ha sradicati, reso fragili, tolto punti di riferimento. L’unica cosa che l’individuo sa fare è applicare – scrive Bauman – la terapia della fuga. Il dialogo e l’interazione, che potrebbero farci assimilare l’alterità, svaniscono nel moto di fuga verso il ‘simile’. Quello con cui non ci si rapporta veramente, a cui ci uniscono mire ed interessi materiali, che non ci contesta e che ci dà sempre ragione.

La città favorisce la mixofilia – il diverso attrae, è ovvio – , nella stessa misura in cui scatena la mixofobia. Questa attrazione-repulsione si verifica anche nel privato. Siamo liberi di allacciare e sciogliere rapporti. Di incontrarci in chat, fissare appuntamenti al buio, andare a letto con chi ci pare, ma tutto deve restare in superficie, per non provocare confronti reali. Per non portare, insomma, a mettere in discussione quel poco, pochissimo che sappiamo di noi e su cui – così irriflessivi – abbiamo fondato il nostro instabile equilibrio.
Georg Gadamer scriveva: “La comprensione reciproca è favorita dalla fusione degli orizzonti cognitivi, ossia di quegli orizzonti tracciati ed estesi nel corso dell’accumulazione dell’esperienza di vita”. La fusione, che è richiesta dalla comprensione reciproca, può essere solo l’esito di un’esperienza condivisa.

Da cinquant’anni Bauman vive con la stessa donna. È passato attraverso esperienze come la guerra e la modernizzazione. Oggi affronta i problemi della post-modernità con la saggezza di un grande vecchio.

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