Il piacere, questo serio ancoraggio alla vita – Carmela Longo

Il piacere

 questo serio ancoraggio alla vita di Carmela Longo – Psicologa Psicoterapeuta 

Il piacere richiede coraggio. Vivere la vita con piacere non è una faccenda edonistica, ma chiama in causa la responsabilità che ognuno di noi ha verso di sé e verso il mondo intorno.

Vivere la vita con piacere è una cosa tremendamente seria; talvolta difficile, insostenibile. Il piacere chiama in causa le sfere più profonde del nostro essere: il corpo, l’energia e la volontà, il modo in cui ci rapportiamo a noi stessi, agli altri e al mondo intorno, l’uso che facciamo noi del tempo o il tempo che ci usa, gli sforzi nel seguire o cercare di mettere in pratica valori e ideali.

Il piacere è una delle polarità con cui ognuno di noi si confronta sin dalla nascita. L’altra è il dolore, e in mezzo vi sono le innumerevoli  sfumature e i toni personali, i vissuti misti di sentimenti talvolta ambivalenti, contrapposti, o insopportabilmente affini (nell’apice del piacere i volti si tendono e si deformano, assumendo l’apparenza del dolore).

Quando siamo piccoli tutto è misurato con il termometro di questi due estremi: è bello (mi piace, mi fa stare bene, è buono) – è brutto (non mi piace, mi fa stare male, è cattivo). Man mano che cresciamo impariamo a sublimare l’essenza di queste polarità: affiniamo le diciture, troviamo altre e più complicate espressioni. A volte non riusciamo proprio più a trovarle. Le abbiamo perse, carichi di troppe sovrastrutture e di ciò che si aspettano gli altri da noi. Sommersi dalle idee  e dalle convinzioni che abbiamo su di noi.

Cosa mi piace veramente? Non lo so più. Un tempo lo sapevo, il mio corpo lo sapeva, il mio corpo sentiva.

Il corpo è il nostro caleidoscopio: biologico-psicologico-relazionale-spirituale, korper e leib, corpo che ho e corpo che sono, principio fisico e identità: tutto questo è il corpo. Il corpo accoglie su di sé la vita (mostrandone i segni evidenti, occhi spenti o raggianti, sorrisi accennati o amari, posture raccolte, cadenti, ostentate).  Il corpo raccoglie dentro di sé e registra i dispiaceri e le gratificazioni, i dolori e le improvvise gioie, le soddisfazioni e gli appagamenti, immagazzinandoli nella sua memoria.Recuperare il piacere nella propria vita richiede onestà con se stessi, disponibilità a rompere gli schemi diventati anacronistici e non più utili,  mettersi in gioco, uscire dal bunker delle troppe –a volte soffocanti- certezze. Ritrovare la spinta del proprio bambino interiore che sa ancora giocare, vuole ancora giocare, gioire, scintillare energia. Stupirsi. Non dare nulla per scontato. Domandarsi il perché delle cose più semplici, cercare il come. Restare muto, senza avere risposte per tutto. Meravigliarsi. Rimanere incantato. Mistero.

Recuperare il piacere giorno per giorno significa anche interrogarsi sulle proprie relazioni, nutrire quello che ci danno di bello e non lasciarlo andare al caso (quanti rapporti di coppia, diventati simili a società per azioni, viaggiano senza timone, e, peggio, senza più vele? Quante volte semplicemente dimentichiamo di dare spazio, tempo e nutrimento alle nostre relazioni, siano esse con il compagno, la compagna, i figli, i nostri amici?). Proviamo piacere quando favoriamo le possibilità di essere creativi, quando riusciamo ad  esprimere la nostra vera essenza e a condividerla. “Il piacere ci lega ai nostri corpi, alla realtà, agli amici e al lavoro. Se una persona trova piacere nella vita di tutti i giorni, non ha desideri di fuga […]”. Secondo Lowen, la ricerca ossessiva del divertimento cela una enorme mancanza di piacere. Il piacere “richiede un serio atteggiamento nei confronti della vita, un coinvolgimento con la propria esperienza ed il proprio lavoro[1].

Spesso le persone che richiedono una consultazione psicologica esprimono un vuoto di piacere, vite insoddisfatte, non più soddisfatte, forse mai soddisfatte, di come vanno o sono andate le cose, i rapporti. E’ come se avessero perso lo sprint, l’energia, la linfa, il calore, la passione. La poesia.Il lavoro psicologico è volto a recuperare gli spazi di dinamismo interiore, in quel luogo psichico custode dei nostri segreti e del non detto, l’Ombra dove tutto è ancora possibile, dove nulla è finito, inarrestabile progettualità. Si rimette in moto la naturale tendenza all’autoespansione e alla autorealizzazione, in connessione con gli altri, con la ricchezza degli altri che abbiamo dentro di noi. La persona riacquista la capacità di essere intimo (vicino), di gustare appieno nei rapporti significativi, senza doversi continuamente difendere o corazzare. Non si nasconde dietro una sigla, un titolo, un ruolo. Ritrovare il piacere nella propria vita significa anche imparare a bilanciare Cronos e Kairos, tempo oggettivo (scadenze, appuntamenti, lancette inesorabili) e tempo soggettivo (dilazionare, gustare, quadrante senza lancette).

Il piacere richiede coraggio. Vivere la vita con piacere non è una faccenda edonistica, ma chiama in causa la responsabilità che ognuno di noi ha verso di sé e verso il mondo intorno.


[1] Lowen A., Il piacere. Un approccio creativo alla vita, Astrolabio, Roma, 1984, p.15.

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