La limitazione alle intercettazioni contribuisce a un cambiamento dal basso – di Alessio Masone

giustizia[di Alessio Masone] La limitazione all’utilizzo delle intercettazioni, voluta dal governo, a prima vista, ci appare a danno della popolazione. Riflettendo, con un ridotto utilizzo delle intercettazioni, gli italiani, per avere idea di chi colpevolizzare della mala gestione dei beni comuni, non potranno più affidarsi ai casi indivuaduati d’impulso della magistratura.

La popolazione, non potendo intraprendere una caccia alle streghe, a carico di singole persone, dovrà mettere in discussione complessivamente il sistema.

In mancanza di singoli nomi da colpevolizzare, la popolazione non potrà più delegare, ai mass media e alla magistratura, l’individuazione degli obiettivi su cui dirigere il proprio sentimento di rabbia: la popolazione dovrà imparare a esercitare, in prima persona, il dissenso dal sistema di cui è parte e, quindi, anche a mettere in discussione sé stessa.

Cosa risolve il “linciare mediaticamente” un certo Scialoia (o Scagliola o Scarola) che, nel suo ruolo di esponente politico, potrebbe essere reo di concussione, se il sistema politico, nel suo insieme, è collassato?

Ogni volta che fallisce un sistema, questo, per non mettersi in discussione, promuove nella popolazione una morbosa individuazione del capro espiatorio, dell’untore, della strega da colpevolizzare.

La sopravvivenza di ogni sistema complesso pretende le sue vittime: la biologia si fa strada grazie alla malattia e alla morte che aggrediscono gli esemplari più deboli. Il sacrificare alcuni membri del sistema realizza una selezione naturale utile a fortificare quel sistema.

Il “mercato del lavoro criminale”, secondo gli studiosi, è un sistema in cui ogni individuo che viene espulso, per volontà della magistratura o per cause naturali (la malattia), produce un’opportunità per altri individui, più giovani e più evoluti, che premono per entrare in quel mercato di lavoro.

La stessa “Tangentopoli” è una dimostrazione di questo paradigma: ha prodotto un terremoto a danno di singole persone, ma il sistema ne è risultato rinvigorito da nuove forze, ancora più prestanti nel settore della corruzione e della concussione.

Le forze di polizia e la magistratura hanno il compito di colpire i sintomi del malessere collettivo, ma la società civile ha il potere di rimuovere le cause del malessere collettivo.

La società civile, quando viene individuato l’autore di un reato, non avrebbe niente da gongolarsi. Ogni volta che viene all’evidenza che un membro della popolazione, quindi, uno di noi, ha commesso un reato, di fatto, viene alla ribalta un nostro insuccesso perché quell’evenienza è sintomo che il sistema di cui siamo parte e, quindi, coautori, ha fallito: chi ha commesso fisicamente il reato è solo l’anello più debole della catena dove si fenomenizza il malessere collettivo di cui è responsabile in primo luogo chi si ritiene società civile.

Per ogni individuo incarcerato, invece di gioire, dovremmo metterci in discussione, nel nostro interfacciarci con l’altro e nei nostri stili di vita.

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