Un due e tre… liberi tutti. Esperienzialità del gioco di una volta

gioco campana[di Rosaria Gasparro da Comune-Info] Cominciavamo con la primavera. Quando la luce si allunga e l’aria sa di mandorle. Come gli uccelli, qualcuno fischiava e gli altri arrivavano. Eravamo bambini e bambine e avevamo la strada tutta per noi.

Vuota e libera, dove tutto poteva accadere. Sotto il segno del gioco si diventava abili a saltare, a correre, a nascondersi, a diventare amici, a fare i grandi. A costruire strani rifugi all’ombra di un orto. A salire sugli alberi per rubare le ciliegie. A farsi male e a sapersela vedere da soli. Con la polvere addosso, il sudore e il sangue e anche le lacrime.

Noi bambine non eravamo da meno. Imparavamo a cadere e a perdere. La palla era un mondo che ci passavamo di mano in mano. Con strane cantilene, dove riprendevi da dove sbagliavi. Ed era così lungo che non finiva mai, nessuno vinceva e gli insicuri avevano tutto il tempo per migliorare. Giocavamo con i sassolini che stavano in una mano, conoscevamo le pietre per scrivere ‘ti amo’. Costruivamo case di cartone e ci sposavamo con l’abito della mamma che ce lo dava davvero. S’imparava col corpo. Coi graffi, le sbucciature, le agilità, le spinte, i calci, gli abbracci. Sotto e sopra la fune stringevamo legami. Apprendevamo nel libero stato del gioco i riti della felicità.

Nel mio paese hanno giocato intere generazioni. Le auto cambiavano strada per non interrompere i giochi e i raduni dei bambini. Che stavano da soli. Senza adulti. Che imparavano ad autoregolarsi, litigando e facendo la pace perché conviene. Perché se tornavi a casa piangendo poi non uscivi più. E allora toccava capirla l’arte di stare al mondo. Pedala pedala e attenta a non sfracellarti alla discesa. I più grandi ti spiegavano come fare.

Anche la pipì s’imparava a farla dove ci si trovava. Noi bambine ci sedevamo sul marciapiede tutte insieme e la vedevamo scorrere in un rigagnolo comune che ci faceva ridere. Che segnava il nostro territorio, proibito ai maschi.

Hanno giocato fino a un po’ di anni fa. Poi i bambini sono spariti. Li abbiamo chiusi per proteggerli. Nelle case, nelle palestre, nelle piscine, nei campi da tennis e da calcio, a lezioni di musica. Chiusi anche quando stanno all’aperto. Sempre con l’adulto che controlla, che stabilisce le regole, che chiede la prestazione del giorno, che organizza il modo e il tempo dello stare insieme- se si riesce a stare insieme. Se no si rimane soli col proprio tablet a giocare il gioco degli altri.

I bambini hanno perso la strada, maestra. E con lei la fiducia di poter star da soli in mezzo ai pari. Una scuola senza fissa dimora che insegna con i suoi riti e le sue iniziazioni a credere in se stessi, in quella strana dismisura del tempo gratuito e senza scopo, che modella il chi siamo nell’incontro scontro col mondo. Che ci abitua a creare e a guardare nel vuoto per tirarne fuori quel che ancora non c’è.

I bambini di oggi sono stati rapiti e legati ad uno schermo col potere del clic. Sono più soli, spesso senza fratelli o sorelle. Sono più maldestri nei giochi di movimento e di gruppo. Vogliono vincere. Essere i primi, i più veloci e i più forti. Tutti campioni e principesse di mamma e papà. Ci restano male perché quasi mai nella vita è così, ma il videogiochi questo non glielo insegna. E la strada ora è cattiva. Fa paura. E’ piena di draghi da sconfiggere.

Quand’ero bambina, dall’angolo buio in fondo qualcuno prima o poi arrivava correndo, per dire: «Un due tre, liberi tutti».

Domani glielo insegnerò che ci si salva insieme.

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Articolo originale:
http://comune-info.net/2014/03/un-due-tre-liberi-tutti/

2 Risponde a Un due e tre… liberi tutti. Esperienzialità del gioco di una volta

  1. Vittorio 11 giugno 2014 a 9:16

    “I bambini di oggi sono stati rapiti e legati ad uno schermo col potere del clic. Sono più soli, spesso senza fratelli o sorelle. Sono più maldestri nei giochi di movimento e di gruppo. Vogliono vincere. Essere i primi, i più veloci e i più forti. Tutti campioni e principesse di mamma e papà. Ci restano male perché quasi mai nella vita è così, ma il videogiochi questo non glielo insegna”

    Possiamo dire che non c’è nulla di esatto in 3/4 di articolo, oltretutto non poteva mancare un ovvietà falsa sui videogiochi. Se voi invece di dire cose inutili usaste i videogiochi capirete che è tutto falso, danno insegnamenti molto ma molto più profondi di 1,2,3 stella e altri giochetti. Vabbe ma siamo in italia, qui il progresso viene visto come un male da estirpare. A un ultima cosa: Informatevi! negli U.S.A ci sono scuole dove per insegnare usano videogiochi ed ottengono risultati uguali e molte volte migliori rispetto alle scuole tradizionali.

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  2. dolores troisi 27 maggio 2014 a 10:29

    Quante emozioni e quanti ricordi questo articolo. Grazie!
    Riflessioni amare che facevo spesso anche io fino ad ieri quando, nel silenzio del mio studio a fare il mio lavoro di artigiana, a finestra aperta, ho passato il pomeriggio insieme alle voci allegre di ragazzini che giocavano a calcio nel cortile sotto al palazzo. Gioia antica.
    Dolores

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